Umberto Eco che sognava un museo con una sola opera:
II proposito virtuoso dei primi musei è di sottrarre l'oggetto al possesso individuale e al circuito commerciale, per renderlo bene inalienabile riservato a tutti i cittadini (...). Per quanto sia bene organizzato e suddiviso per epoche, generi o stili, il museo moderno diventa un luogo dove chi volesse vedere tutto quello che c'è non vedrebbe nulla, e se pure guardasse non potrebbe memorizzare. È vero che il vero appassionato visita un museo pezzo per pezzo, e interrompendo la visita con lunghe soste (e la grande intuizione del museo contemporaneo è stata che il caffè, il ristorante, la libreria, non sono appendici commerciali del museo, ma permettono di dilazionare, interrompere e riprendere la visita, senza affaticare l'occhio e la mente). Altri tornano in un museo che già conoscono per rivedere un solo quadro o una scultura che amano, e dedicano mezz'ora a quella rivisitazione (...) Ma sappiamo benissimo che la visita normale al museo oggi procede ben diversamente. Torme di turisti che non potrebbero tornare a casa senza avere visto (o dire di avere visto) il Louvre, la National Gallery o gli Uffizi, percorrono a passo di maratoneta una lunga sequenza di sale, si arrestano brevemente e senza discriminazione davanti a quadri irrilevanti, trascurano capolavori, affollano le code davanti alle sole opere di cui hanno sentito parlare (la Gioconda, la Vergine delle rocce, la Primavera) riuscendo a malapena a vedere l'opera-feticcio, ed escono avendo realizzato scarsa informazione e un godimento estetico del tutto superficiale. In compenso, con i loro fiati mortiferi, contribuiscono alla rovina dei grandi capolavori che sono andati a venerare.
A questo si aggiunga che spesso alcuni musei sono visitati non per le opere che contengono, ma per la magia del contenitore (...). L'esempio più illustre del museo visitato per il contenitore era, almeno all'inizio, il Guggenheim di New York. Contano certo le opere, ma ancor più il percorso a spirale che si compie per vederle rapidamente in successione.
Un museo in cui il contenitore rischia di contare più delle opere è il Musée d'Orsay, a tal punto che si è deciso di porre nella grande sala centrale, dove l'architettura rischia di sopraffare le opere, quadri e sculture pompier, decorative per definizione, e che dunque dal contenitore vengono persino redente, e sovente magnificate; e si sono posti i quadri di maggiore valore estetico, pensiamo a Manet e agli impressionisti, in locali meno imponenti, che li lasciano campeggiare sulla parete senza soffocarli.
Il trionfo del contenitore sulle opere non è solo tipico dei nostri tempi. Immagino che i primi visitatori del Louvre, sottratto alla famiglia reale, entrassero non tanto per ammirare le opere d'arte che conteneva, ma per porre piede per la prima volta in quel palazzo sino ad allora chiuso al popolo. Oggi si va a Versailles per visitare il palazzo e i giardini, non le opere d'arte che vi sono esposte. Ma potremmo dire che Versailles è anzitutto un museo dell'architettura, dell'arte dei giardini, e dell'arredamento. Del resto anche a San Pietro a Roma i pellegrini non vanno per vedere la Pietà di Michelangelo, bensì per avere l'esperienza globale di un'opera d'arte architettonica e di un luogo di fervore religioso, tanto che alcuni possono dire di averne compiuto una visita memorabile anche se hanno ignorato Michelangelo, per trasporto mistico o per mancanza di informazione.
Due anni fa era stata pubblicata in Italia una classifica dei dieci musei maggiormente visitati nello scorso anno. Venivano anzitutto i Musei Vaticani, con tre milioni e mezzo di visitatori annui (e l'occasione del Giubileo ha aumentato le visite solo del 23%). Seguivano con un milione e mezzo la Galleria degli Uffizi, poi la Galleria dell'Accademia di Firenze, e al quarto posto i musei del Castello Sforzesco di Milano con più di ottocentomila visitatori. L'ultimo dei dieci era il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (281.000 visitatori). In questi primi dieci musei mancava la Pinacoteca di Brera di Milano. Dunque gli ottocentomila visitatori che avevano visitato i musei del Castello erano passati per Milano, e forse hanno visto anche il Duomo, ma non il Cenacolo di Leonardo e non Brera. Passi per il Cenacolo, che richiede faticose prenotazioni, ma certamente a Brera (accessibilissima) sono passate seicentomila persone meno che al Castello. Eppure, se al Castello si possono vedere opere come la Pietà Rondanini di Michelangelo, Brera ha la Madonna di Piero della Francesca, il Matrimonio della Vergine di Raffaello, la Pietà di Giovanni Bellini e quattrocento altre opere famosissime, da Mantegna a Tintoretto e a Caravaggio sino al romanticismo e al Novecento. Però Brera sta in un palazzo antico, bello e dignitoso, ma non sorprendente, mentre l'insieme del Castello Sforzesco, benché quasi interamente restaurato e rifatto nel XIX secolo, è imponente e permette percorsi multipli, nelle corti interne, tra i merli, in gallerie piene di armature. Dunque il Castello è stato visitato da ottocentomila persone anzitutto in quanto contenitore.
Ora, non c'è nulla di male a visitare un museo anzitutto quale contenitore, e anzi l'appello costituito dal contenitore può incoraggiare a scoprire le opere. Ma, continuando per questa strada, si arriva alla situazione del Beaubourg di Parigi, dove il contenitore costituisce certamente la massima attrazione, e il resto sono o servizi (di biblioteca e videoteca) o mostre temporanee, peraltro molto belle.
Diversamente da un museo, un'esposizione temporanea di solito ci invita a considerare un solo autore, o un dato periodo storico, o un dato tema, e le opere debbono essere inserite nel loro contesto (...). Alla luce di queste considerazioni, eccomi ora a delineare un ideale di museo, e certamente alcune delle cose che avevo scritto su questo argomento hanno ispirato gli organizzatori di questa mostra sulla Vénus dévoilée. Non pretendo che questi miei suggerimenti fossero originali: talune delle soluzioni che proponevo erano state già tentate, e indicavano una strada possibile. Ma certamente un museo non può decidere di annullarsi in quella che chiameremo esposizione di un'opera sola. Una mostra temporanea può, e questo è il senso di Vénus dévoilée.
L'idea è semplice, anche se è costata qualche fatica a realizzarla. Noi andiamo in un museo e vediamo un'opera che: magari ci affascina, e vorremmo saperne di più, comprenderla meglio. L'ideale è dunque quello di un museo, o di una mostra temporanea, che serva a capire e godere di un
solo quadro (o di una sola statua, o anche di una sola saliera del Cellini).
È esattamente quello che si è tentato di fare con la Venere di Tiziano (...). Troppe opere, l'una diversa dall'altra, tutte fatalmente fuori contesto, affaticano l'occhio e la mente. Ma un tragitto, che ci conduca a entrare veramente "dentro" a una sola opera, farebbe di quella visita al museo un'esperienza memorabile. E se poi il turista incontinente e feticista si lamenterà che ha compiuto tanta fatica per vedere un'opera sola, peggio per lui. Ma anche il peggior feticista non resisterebbe all'esperienza della contemplazione di un solo feticcio di cui gli viene rivelata la storia remota, l'essenza, il destino.
Naturalmente si può sognare. E il mio sogno è che l'esperimento della Vénus dévoilée possa applicarsi, un giorno, anche a un vero museo. A ben riflettere, un museo espone solo i quadri di maggior attrattiva, ma moltissimi altri ne conserva nei suoi depositi, e sono opere che il pubblico rischia di non vedere mai. Perché non pensare a un museo vivente, metamorfico, che secondo le stagioni si ristrutturi intorno a una sola opera centrale, e scelga di esporre le altre solo se possono aiutare a illuminare meglio quella?
E così sia consentito di sognare una Galleria degli Uffizi che decide un giorno di ristrutturarsi per un certo tempo solo intorno alla Primavera di Botticelli. L'intera sequenza delle sale degli Uffizi dovrebbe essere trasformata in un unico percorso attraverso il quale si arrivi, alla fine, a capire tutto della Primavera. Ci sarebbero sale introduttive sulla Firenze dell'epoca, la cultura umanistica, la riscoperta degli antichi, i fermenti mistici del tempo, e sulla Roma in cui lavoravano Ghirlandaio e Perugino, con pannelli didattici, esposizioni di libri e incisioni (dai manoscritti ai primi incunaboli che erano già apparsi in quegli anni). Poi seguirebbero le opere dei pittori che hanno preceduto e ispirato Botticelli, nella bottega di Lippi e di Verrocchio (e in quel caso, purché la documentazione fosse completa, si potrebbero accettare delle ottime copie, o trarre dai magazzini opere che il museo non aveva mai esposto), e le opere di Botticelli prima della Primavera. Poi vorrei vedere quadri con volti femminili che annunciano quelli di Botticelli, o al contrario mi dicano che la donna all'epoca era vista in modo diverso e lui ha radicalmente innovato; dovrebbero udirsi le musiche che Botticclli poteva avere ascoltato, le voci dei poeti e dei filosofi che poteva avere letto, e se necessario dovrebbero apparire grandi fotografie dei paesaggi toscani (immagino che per un pittore di paesaggio questa documentazione dovrebbe essere fondamentale); vorrei vedere documenti sulla flora dell'epoca, per capire come Botticelli abbia poi concepito i suoi fiori e i suoi alberi. Insomma, vorrei arrivare alla sala centrale, dove finalmente mi apparirà la Primavera, con l'occhio ormai educato di un fiorentino del Quattrocento. Poi, nelle sale seguenti, vorrei vedere su schermi tutti i particolari della Primavera, le soluzioni pittoriche adottate, comparazioni con particolari di altri pittori. E infine, nelle ultime sale, tutto ciò che mi può dire qualcosa sull'eredità di Botticelli, sino ai preraffaelliti.
Si noti che un museo a un solo quadro potrebbe anche viaggiare ed essere riallestito in molti luoghi. Immediatamente dopo la partenza della Primavera per il suo viaggio, la Galleria degli Uffizi potrebbe ristrutturarsi intorno a un'altra delle sue meraviglie. Oppure, a una stagione seguente, ecco che la Primavera potrebbe, da opera "signora" che era, diventare opera "ancella", che serve a spiegare un'opera che era stata ancella nell'esposizione precedente.
Oltretutto, con un museo che cambia di stagione in stagione, una città diventerebbe degna di essere rivisitata molte volte, come si va più volte a Salisburgo o a Bayreuth, per ascoltare opere di Mozart e di Wagner sempre diverse, e in diverse esecuzioni. Inoltre, per ogni museo, viaggerebbe una sola opera alla volta. Un museo del genere sarebbe sempre nuovo, sempre capace di offrirci nuove sorprese.
Forse l'utopia che ho delineato è irrealizzabile. Ma l'esposizione intitolata a Vénus dévoilée è stata realizzata, e spero valga come proposta per l'avvenire.
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