Porta una firma genetica il Michael’s gate di Gilberto di Benedetto, l'impronta digitale di un uomo, un uomo
in fuga, un uomo che vuole scappare; è ferito e ha le mani imbrattate di sangue.
No, non è la fuga che siamo abituati dai media a sentir raccontare tutti i giorni, a tutte le ore, non è un
martire della causa buonista che tanto sta a cuore ad alcune sinistre che tali sono solo nel nome che
recano. Quell'uomo è uno di noi, quel suo sangue ha un codice genetico che assomiglia al nostro, ed è vivo
e redivivo come quello di San Gennaro, che si scioglie al momento giusto per tornare a sgorgare alla
Shining, sotto lo sguardo del suo interlocutore.
È caldo, molto caldo e rosso; fa infuriare i tori e crea allucinazioni infernali nel magma ribollente che altro
non è se non il nostro specchio.
Un vero Dorian Gray questo dipinto, che vive e non è inficiato dal passaggio del tempo, è fluido primordiale
quello che dimora nel cuore della terra e che esiste fin dalla nascita del nostro pianeta, portando nel suo
scorrere i misteri insvelati, e le teorie più assurde che da sempre il piccolo umano ha coniato per spiegare la
natura e le forze che la governano, fino alla ricerca della creazione, del giusto e dello sbagliato, dei premi
terreni e di quelli ultraterreni, un viaggio di sola andata al paradiso o all’inferno, inferno abitato dalle stesse
fiamme, dalle stesse lave e dalle stesse paure del mondo che ci regge, ma molto migliore, se pensiamo che
la guardia della censura laggiù non si addentra.
No, perché ci sono fuochi che non si possono spegnere, non ci possono togliere la passione, la rabbia, il
desiderio di cambiare ciò che non funziona. Lasciamo le nostre impronte come chi ha combattuto ha
lasciato il proprio sangue, ed ora esse divengono la nostra firma. Ella continua a parlare di noi, di ciò che
eravamo e di ciò che saremo, di quanto siamo veri, reali, al di fuori della rete virtualismica e atomizzante
dell’epoca post Humanitas del 2000 fatta di Avatar e social, onnipresenti, sostitutivi, monopolizzanti vetrine
specchiate che fanno chiudere i battenti ai locali, alle piazze, alle gallerie d'arte..
Quell’uomo che fugge ferito, contaminato, ma deciso, sta evadendo da questo; fugge da questa realtà che
di reale non ha quasi più niente ma ancora, come prima, solo il nome.
Quello che vediamo è un eroe, sta combattendo l'invasione degli zombie e dei droni nell’overworld, sta
cercando gli ultimi confini, non è d'accordo di divenire un automa, di farsi innestare un programma che gli
impedirà di pensare altrimenti. È ancora vivo, è ancora selvaggio, ha magma e sangue e tanta rabbia, tanta
forza di resistere. Colpisce la tela con le sue mani calde, scatta una scintilla che genera l'incendio. Quel
pezzo inanimato di iuta diviene una Sindone che si erge a bandiera dell’umanitá ancora pensante, che si
pone ancora domande, che non vuole vendere tutto ciò che essa è ad un’entitá sovraordinata, in un’unica
terra promessa, il paradiso del consumo. Questa umanità vuole ancora vivere coi suoi demoni, vuole avere
il diritto di dire che ha paura, vuole manifestare il proprio dissenso, vuole ancora fare una rivoluzione, non
accetta un divenire di cui non sarà protagonista.
Ciò che c’è non è tutto; il futuro si può scegliere, si può non diventare uno zombie e forse questo dipinto è
un antidoto al morso che tutti noi abbiamo ricevuto. Ci ricorda chi siamo, con il nostro ardore, che
sappiamo ancora rendere reale.
Perché in un attimo i dati diventeranno sabbia elettronica e non resterà più alcuna impronta.
Tocca questa tela come San Tommaso, con la tua mano, e sciogliti. Questo fluido è molto meglio dei cristalli
liquidi, è la tua sostanza, quella che vive in tè, è lo specchio di tè, di ciò che sei, un capolavoro umano.
Erika Kant (Cantinotti) www.michaelsgatemuseum.com
NEWS
MICHAEL’S GATE il capolavoro umano
HYPNOS presentato da Roberta Ancona
Hypnos secondo Roberta Ancona
Michael's Gate,icona della lotta del popolo Masai
Michael's Gate', l'opera pittorica dell'italiano Gilberto Di Benedetto, è stata scelta dal popolo Masai come icona della lotta per preservare il loro 'spazio vitale' nella loro terra. Nonostante si tratti di donne e uomini che vivono di pastorizia sugli altipiani, al confine fra Kenya e Tanzania, i Masai, infatti, sono molto attenti a quel che succede nel mondo e seguono i movimenti del web. E' così che sono venuti a conoscenza del quadro 'Michael's Gate' e dell'attenzione riservatagli da chi crede nell'esistenza di un inconscio collettivo e nell'efficacia del pensiero collettivo per cambiare la realtà.
Hypnos... e l'apocalisse dietro l'angolo . Prof. Paolo Portone
Hypnos parla alla logge riunite della sua opera Michael’s Gâté ispirata a Cagliostro
All’approssimarsi del primo millennio “già voci correvano tra la gente di nascite mostruose, di grandi battaglie combattute nel cielo da guerrieri ignoti a cavalcioni di draghi (…) Che doveva importare della patria e della società umana ai morituri, aspettanti d’ora in ora la presenza di Cristo giudicatore? (…) Battezzarsi e prepararsi alla morte, era tutta la vita. Alcuni, a dir vero, moveansi: cercavano peregrini la valle di Josafat, per ivi aspettare più da presso il primo squillo della tromba suprema”. Così Carducci immaginava il capodanno dell’anno mille, riprendendo una diffusa opinione dei suoi contemporanei che voleva l’Europa medievale traversata da turbe di penitenti salmodianti e atterrita dall’imminenza della fine del mondo.
Dopo quella data, la paura della fine del mondo non abbandonò le genti cristiane, riaffiorando ciclicamente in occasione di gravi crisi, l’invasione dei Mongoli nel XIII secolo la carestia del 1315-1318 e la peste nera del 1347-1351. Ancora in epoca moderna, la tensione escatologica, alimentata da motivi sociali e religiosi, sarà all’origine di movimenti apocalittici che scuoteranno alle fondamenta le strutture politiche e religiose occidentali, dai contadini di Thomas Muntzera gli anabattisti di Giovanni di Leida fino ai giurisdavidici di David Lazzaretti, il profeta dell’Amiata. Nelle crisi che si succederanno nella storia dell’Occidente i “fanatici dell’Apocalisse” leggeranno i “signa” e “portenta” dell’imminente fine del mondo, preceduta da una “generica era nuova”, l’età dello Spirito secondo la dottrina del monaco calabrese Gioacchino da Fiore (1130-1202) essendo “già suonata” l’ora di Gesù.
Nonostante le censure ecclesiastiche nei confronti del millenarismo, la progressiva presa di distanze della teologia ufficiale dal “pensiero prospettico” dell’Apocalisse, e il suo depotenziamento simbolico operato con la lettura spiritualistica di Agostino, il libro profetico mantenne intatta la sua carica eversiva nei confronti del secolo, rinnovando ad ogni generazione “l’afflato utopico” di liberazione dai vincoli terrestri, garantendo agli scontenti e ai delusi un risarcimento morale per il male patito. Promessa di giustizia, di rinnovamento e di felicità che si mantenne sull’orizzonte dell’Occidente cristianizzato fino alle soglie del XX secolo, quando il progresso scientifico e tecnologico e l’affermazione di nuove idee di liberazione, laiche, spazzarono via le antiche cosmogonie.
La tensione escatologica si sarebbe così assopita al fondo della coscienza dell’uomo civilizzato, esorcizzata dai successi della scienza e dall’indubbio miglioramento delle condizioni materiali, salvo riaffacciarsi come pulsione “irrazionale”, quando il sistema di rassicurazioni e di certezze su cui poggia la sicurezza dei contemporanei ha iniziato a mostrare preoccupanti segni di cedimento. Antichi timori sono così tornati ad affacciarsisull’orizzonte della società occidentale cristianizzata: al pari di certe superstizioni, date corrivamente per morte, ma oggi più che mai vive, le vetuste profezie attribuite a Giovanni conoscono una nuova fortuna in coincidenza delle profonde crisi che hanno interessato il primo ventennio del nuovo millennio.
Hypnos provocatoriamente con la sua Porta sull’oltremondo vuole richiamare l’attenzione alle potenzialità presenti nonostante tutto in questi tempi calamitosi, quando “il mondo sembra attendere l’irreparabile” e le persone sono chiuse nella strenua difesa del proprio benessere. L’apertura di hypnos porta l’uomo a varcare la paura della fine, a superare la crisi della presenza nella storia che si manifesta non più in una coerente cornice mitica in grado di riscattare culturalmente il dramma esistenziale, ma dando luogo a una miriade di apocalissi individuali, caratterizzate da patologie in cui dominano “i deliri intimi, microcosmici, le sindromi sensitive, i contenuti persecutori, di colpa, le attribuzioni di significato riferite alla propria persona” ovvero da quel disagio improvviso che la moderna psichiatria definisce attacco di panico: “quando tutto sembra venir meno all’improvviso, crolla la certezza della salute; il vissuto è descritto come fine del mondo, del proprio mondo interno; il corpo tremante si raccoglie, si restringe in posizione fetale e si accovaccia sul pavimento cercando in questo geotropismo di attaccarsi strettamente alla terra per attenuare il terrore”.
Nel XXI secolo, dunque, l’opera dell’artista Hypnos vuole testimoniare come non si può escludere la reviviscenza di antiche paure escatologiche alimentate dalla potenza suggestiva delle profezie escatologiche più o meno autorizzate, amplificate dalle contraddizioni reali della società globalizzata.Ma nello stesso tempo la sua provocazione intende spingere la nostra immaginazione in avanti, un contesto radicalmente mutato rispetto all’anno mille, dove i timori apocalittici tornati ad allignare nella nostra società “desacralizzata” ,vengono mutati di segno e trasformati in un nuovo sogno di rigenerazione.
Come dimostrano i casi emblematici degli Stati Uniti, del Canada, della Svizzera e della Francia, ma anche del Giappone,l’industrializzazione, lo sviluppo tecnologico, il consumismo, non portano a “un’integrale secolarizzazione della cultura”, ma al contrario provocano forme più o meno marcate di rigetto e di fuga nella spiritualità ; sotto questo aspetto , i culti esotici, medianici e spiritisti, e i singolari ibridi come la NewAge, rappresenterebbero, parafrasandoGomes Consorte-Nogueira Negrao “agenti di sacralizzazione della razionalità inerente alla vita urbano-industriale”.
L’opera di Hypnos si pone al limite come un’offerta di sacro “non conformista” in costante aumento , che si pone come alternativa al vuoto esistenziale ,alle dilacerazioni dell’io e alla crisi delle fedi tradizionali, compresa quella nel progresso e nella scienza. Essa tuttavia non richiede l’adesione a credenze misticheggianti e afantasiose dottrine esoteriche, come il culto “sincretista” ufologico, che mescola l’avventismo cristiano all’immaginario televisivo e cinematografico, non presuppone l’appartenenza a gruppi emarginati dal processo di industrializzazione, come nel caso degli ottocenteschi movimenti salvifici del Sertao brasiliano e di David Lazzaretti. L’opera di Hypnos al contrario si fonda sull’apparente contraddizione tra la massima integrazione economica, sociale e culturale de apocalittici involontari e il loro disagio senza prospettiva che talvolta si può tradurre in un radicale progetto di destorificazione per continuare “a vivere”.
Prof. Paolo Portone STORICO DELLE RELIGIONI, Etnostorico- www.paoloportone.it